Origine: Messico. La varietà può essere coltivata in terra o in vaso, con pianta alta cm. 60 – 120. I frutti, lunghi 5-9 cm., hanno polpa spessa e soda e vengono raccolti di solito quando sono ancora verdi. Il grado di piccantezza è compreso tra i 2.500 e 10.000 SHU. Ideale sott’aceto. Utilizzati per la preparazione di hot dogs. 100 giorni circa dal trapianto alla raccolta.
Il peperone ha un apparato radicale sensibile all’asfissia, teme la siccità ed ha una medio – bassa tolleranza alla salinità. E’, inoltre, una pianta “delicata” da condurre sul piano dell’alimentazione ed un deficit in acqua o in elementi nutritivi ne può arrestare la crescita. Di conseguenza, bisognerà avere una particolare attenzione nella scelta del terreno, che, dovrà essere profondo e sciolto, con una buona capacità idrica, ma ben drenato. Si tratta di piante molto sensibili alle variazioni di temperatura e di luminosità, nonché alle forti escursioni termiche tra il giorno e la notte; lo zero di vegetazione è situato intorno ai 12°C a seconda delle cultivar, ma si riduce fino a 10°C per le cultivar a frutto piccolo e polpa sottile.
Come per la melanzana, anche nel peperone la raccolta si protrae per qualche mese e durante l’allevamento è opportuno dotare le piante di opportuni tutori (canne), a cui vengono legate, sia per favorirne l’accrescimento verticale, sia per permettere alle stesse di reggere il peso dei frutti pendenti.
Il peperone è considerato come una pianta da rinnovo, quindi bisogna farlo seguire ad una coltura “non solanacea”..
Le varietà di peperone possono essere classificate in due grandi gruppi:
- Peperoni a bacca dolce, suddivisibili a loro volta in sottogruppi dalla forma e dalla colorazione differente.
- Peperoni a bacca piccante, suddivisibili a loro volta in sottogruppi dalla forma, dalla colorazione e dal grado di piccantezza differente. Il sapore piccante è dovuto alla presenza di capsicina, un alcaloide che si concentra soprattutto nella placenta (il tessuto bianco e membranaceo attaccato nella parte interna del frutto). La presenza di capsicina, si misura con la scala Scoville (SHU). Nel peperone dolce, adatto al consumo fresco, ci sono da 0 a 500 SHU, nella varietà Habanero si raggiungono le 400.000 SHU mentre la varietà Moruga Scorpion presenta addirittura oltre 2.000.000 SHU.
Preparazione del terreno – Il terreno deve essere lavorato ad una profondità di almeno 30 cm. Nella coltivazione in vaso, questi devono avere un diametro minimo di 25 cm e l’altezza deve essere relativamente abbondante: Altezza vaso = Diametro x 1,60 . Concimare con letame maturo o concime organico pellettato (compost, ecc…): Dosaggio = 4-8 kg/mq. Il concime va incorporato bene nel corso della lavorazione profonda. Successivamente il terreno va affinato, perché troppo zolloso, ed eventualmente irrigato quanto basta prima di effettuare il trapianto. Il terreno ideale è tendenzialmente sciolto, quindi più ricco di sabbia, soffice e ricco di sostanza organica. Da evitare assolutamente i terreni compatti e asfittici. Tra le buone pratiche di gestione della pianta va ricordata la pacciamatura del terreno che consiste nella copertura con teli di polietilene nero o colorato a seconda delle tipologie presenti in commercio, o materiali organici naturali (paglia, corteccia di pino, ecc…). Se si usano teli di plastica, questa operazione va fatta prima del trapianto, utilizzando strisce larghe circa 1 metro, forate oppure no, o teli di copertura totale. Su questi poi vanno creati i fori e le buche nel terreno dove mettere a dimora le piantine.
Ricordiamo i vantaggi della pacciamatura:
- Contenimento delle erbe infestanti;
- Ridotto consumo di acqua per irrigare;
- Maggiore precocità di raccolta (grazie al fatto che il terreno riscalda di più);
- Produzioni più abbondanti;
- Frutti puliti;
- Minore incidenza di malattie;
Il Trapianto – Quasi tutti i peperoni vanno trapiantati a distanza di 50 cm sulla fila e 100 cm tra le file, creando nel terreno piccole buche e avendo cura di accostare bene la terra alla radice della pianta, fino al colletto, senza coprire il punto d’innesto, nel caso di piante innestate! Il peperone è una pianta che necessita obbligatoriamente di sostegni, soprattutto perché l’apparato radicale è superficiale e non garantisce un buon ancoraggio al terreno. Si consiglia inoltre di coltivare le piante a file binate, creando delle gabbie con spago legato a due pali di testata. In questo modo si garantisce un buon contenimento della vegetazione ma soprattutto si proteggono i frutti. Subito dopo il trapianto irrigare abbondantemente le piante per favorire l’accostamento della terra alla radice e quindi garantire un buon attecchimento.
Gestione della pianta – Tra le operazioni fondamentali richieste dal peperone vi ricordiamo la rincalzatura, che consiste nell’accostare la terra lateralmente al fusto, da effettuare quando la pianta raggiunge i 40 cm circa di altezza. Questa operazione consente di mantenere il terreno pulito dalle infestanti e allo stesso tempo riduce le dispersioni e mantiene costante la riserva idrica. Altra operazione fondamentale è la potatura verde, che consiste nell’eliminazione di foglie e germogli che vengono prodotti ad ogni nodo. Il peperone, a differenza del pomodoro ha una crescita molto più lenta e necessita di un equilibrio costante tra vegetazione e produzione di frutti. Bisogna sempre mantenere questo equilibrio eliminando parte dell’apparato fogliare oppure lasciando foglie e germogli per vestire la pianta. In caso contrario si rischiano aborti fiorali e perdite di frutti.
Acqua a volontà – La gestione idrica del peperone è un’operazione molto delicata e richiede attenzione. Si tratta infatti di una pianta che necessita di un equilibrio costante, sia dal punto di vista idrico che termico. Mal sopporta abbondanti irrigazioni dopo periodi di scarsa disponibilità, quindi si consiglia una gestione dell’acqua costante nel tempo, magari avvantaggiandosi anche di impianti di sub-irrigazione (o semplicemente interrando l’ala gocciolante), riducendo i volumi idrici, ma con turni più frequenti tra un’irrigazione e la successiva. I peperoni sono molto sensibili alla salinità dell’acqua, quindi si consiglia di analizzare bene l’acqua prima di procedere con le irrigazioni.
La fruttificazione e la concimazione – I peperoni producono fiori singoli, ermafroditi, di colore bianco. La fecondazione è autogama, ma può incrociarsi anche con fiori di altri peperoni (attenzione a non coltivare peperoni dolci accanto a peperoncini piccanti!). Il frutto è una bacca carnosa, di dimensioni e forma diverse a seconda della specie, contenente i semi al suo interno. Risulta fondamentale mantenere la pianta in equilibrio tra vegetazione e fruttificazione per evitare che si vesta eccessivamente e non produca frutti per molto tempo (anche oltre un mese). La raccolta è scalare, quando i frutti hanno raggiunto la pezzatura giusta e la colorazione desiderata. Si consiglia di raccogliere i primi frutti prima della maturazione fisiologica, quando cioè sono ancora verdi, in quanto la raccolta anticipata stimola la formazione e l’accrescimento degli altri frutti. Il peperone è una pianta che si avvantaggia di una buona concimazione organica (letame maturo o compost in misura di di 5-7 kg/mq), da somministrare in fase di preparazione del terreno. Il concime organico va però integrato con del fosforo (40-45 gr/mq di perfosfato minerale) e potassio (25-40 gr/mq di solfato di potassio). Dopo il trapianto si consiglia l’aggiunta di nitrato ammonico (10-15 gr/mq), da somministrare anche in copertura, e di concimi potassici. Dagli ultimi studi pare che il peperone asporti 560 g di azoto, 120 g di anidride fosforica e 685 g di ossido di potassio per quintale di bacche prodotte. Questo ci deve dare un’indicazione delle esigenze nutritive per i principali elementi. Altri elementi fondamentali per la nutrizione del peperone sono il calcio e il magnesio. Una carenza di calcio infatti comporta l’ottenimento di frutti con marciume apicale, ovvero disfacimento dei tessuti a margine del frutto.
Rhyzoctonia (marciume del colletto)
La malattia si manifesta con un marciume secco e bruno a livello del colletto, soprattutto nelle fasi giovanili di crescita. Le piante colpite manifestano una crescita stentata associata ad avvizzimenti fogliari anche gravi e persistenti. Se tirata verso l’alto, la parte aerea delle giovani piantine colpite tende a staccarsi facilmente dall’apparato radicale.
Verticillium sp. (tracheoverticilliosi)
La manifestazione esteriore della patologia è data da ingiallimenti, cui fanno seguito avvizzimenti della parte aerea, specie nelle ore e nelle stagioni più calde. Nei casi più gravi si può andare incontro a morte dell’intera pianta. Un leggero scorticamento della parte basale del fusto evidenzierà tessuti sottocorticali caratteristicamente scuri, conseguentemente all’invasione da parte del fungo.
Alternaria sp (maculature)
La malattia determina (soprattutto sui frutti) irregolari maculature più o meno ampie e caratteristicamente “zonate” concentricamente. Il patogeno si viluppa a temperature ed umidità elevate.
Phytophthora sp. (cancrena pedale)
Il fungo colpisce generalmente le giovani piante. Su queste determina la comparsa di un marciume scuro e secco che forma un manicotto depresso intorno alla zona del colletto e/o delle radici più superficiali. Le piante colpite appassiscono e muoiono anche nel volgere di poco tempo.L’infezione è favorita da eccessi di umidità a livello del terreno. La malattia si sviluppa tra i 10 e i 35 °C, con un optimum intorno ai 27-28°C.
Botrytis cinerea (muffa grigia)
Il fungo attacca tutti gli organi epigei della pianta. Su foglie e fusti si manifesta con aree irregolari di marciume chiaro che presto danno luogo (in presenza di alta umidità) allo sviluppo della caratteristica muffa grigia. Anche i fiori possono essere colpiti in maniera analoga. Il danno più grave è quello a carico dei frutti, sui quali, attraverso ferite di varia natura, il fungo determina marcescenza molle degli stessi. Fattori predisponenti sono :alti valori termici ed igrometrici, eccessiva vigoria della pianta, scarsa ventilazione.
Leveillula sp. (mal bianco)
Il fungo sviluppa un micelio biancastro e polverulento sulla superficie delle foglie. Conseguentemente viene ridotta la funzionalità fotosintetica della pianta. La malattia, che può insorgere anche molto rapidamente, si manifesta con condizioni ambientali ventilate, così come accade per altre specie di Oidio.
Insetti
Ostrinia sp. – Acherontia sp. (piralide e sfinge)
Le larve di questo lepidotteri, di abitudini notturne, aggrediscono foglie e frutti. Sulle foglie determinano rosure anche ampie del lembo. Sui frutti, analoghe erosioni costituiscono facile via di accesso a patogeni fungini (botrite e altri).
Tetranycus urticae (ragnetto rosso )
L’azione parassitaria del ragnetto rosso si manifesta con punteggiature e scolorimenti, anche piuttosto diffusi, sulle foglie. In caso di forti infestazioni si può assistere ad un rallentamento o addirittura ad un blocco della vegetazione. L’elevato numero di generazioni annuali e l’accavallamento dei diversi stadi vitali, rendono la lotta a questo parassita particolarmente problematica.
Bemisia sp. e Trialeurodes sp. (moscerino bianco)
Sulla pagina inferiore delle foglie si possono osservare colonie più o meno numerose di piccoli individui bianchi nei vari stadi di sviluppo (uova-neanidi-adulti). L’infestazione può essere facilmente evidenziata con un leggero scuotimento della pianta, cui seguirà un rapido volo degli adulti, che torneranno presto a posarsi sulla foglia. Con la loro attività trofica producono punture e avvizzimenti fogliari, nonchè abbondante melata, substrato di sviluppo per successive fumaggini grigiastre. L’insetto (che può essere vettore di Virus fitopatogeni) può essere presente durante tutto il ciclo colturale, ma si sviluppa meglio in presenza di temperature più alte.
Esistono numerose altre patologie e fitofagi che frequentemente attaccano queste specie, ma si rimanda a siti più specifici.