Esistono numerose specie di leguminose da granella molto diverse come botanica e come origine che vengono ascritte al genere Phaseolus, tutte indicate con il termine fagioli. Il fagiolo per antonomasia è il fagiolo comune o Phaseolus vulgaris L. Per la coltivazione dei fagiolini si rimanda dalla primavera fino all’estate inoltrata, in quanto per crescere hanno bisogno di un clima non freddo. Nel caso in cui ci si trovi in una zona particolarmente fredda, è meglio attendere il mese di maggio, quando sarà terminato il periodo delle gelate notturne: la pianta del fagiolino teme infatti il freddo eccessivo. È una pianta annuale a rapido sviluppo, con apparato radicale molto ramificato e piuttosto superficiale, steli angolosi, di altezza e portamento variabilissimo, da nani a rampicanti.
I fagioli nani sono i più adatti alla coltura di pieno campo. I rampicanti si prestano bene alla coltura protetta dove la raccolta è scalare e manuale. Le prime foglie sono semplici, le altre trifogliate con foglioline cuoriformi. I fiori sono riuniti a grappoli in numero da 4 a 10 all’ascella delle foglie, e sono di colore per lo più bianco. La fioritura è cleistogama, cioè avviene a fiore chiuso. Questo determina una stretta autogamia, per cui la varietà si identifica con la linea pura.
Il frutto è un legume pendulo, ricco di diversi semi al suo interno. Data la sua origine tropicale il fagiolo è esigente in fatto di calore. La temperatura minima per avere nascite accettabilmente pronte e regolari è di 13-14 °C. Il fagiolo soffre moltissimo gli abbassamenti di temperatura: muore a 1-2 °C. per questi motivi in zone temperate il fagiolo può coltivarsi solo nel periodo primaverile-estivo o estivo. Il fagiolo teme molto la siccità: in questo caso la pianta appassisce durante le ore più calde, i baccelli abortiscono o contengono pochi semi, i semi non raggiungono il pieno sviluppo.
Per quanto riguarda la preparazione del terreno non ci sono particolari accorgimenti da adottare e si rimanda perciò ai paragrafi di altre specie (ortaggi da foglia, cavoli, ecc…).
Preparazione del terreno – L’applicazione di una razionale tecnica di fertilizzazione è indispensabile non solo per mantenere un adeguato livello di fertilità nel terreno, ma anche per evitare squilibri nutrizionali a carico della coltura e per ridurre l’impatto ambientale. Per la maggior parte, questi equilibri sono garantiti da una buona dotazione di sostanza organica che ha un elevato potere tampone. Le tecniche più utilizzate per migliorare il contenuto in sostanza organica sono la letamazione e il sovescio. Considerando che il fagiolino è una pianta azoto-fissatrice, si può evitare la fertilizzazione azotata, qualora esso segua una coltura dotata di buona fertilità residua. Se invece dobbiamo coltivare su un orto particolarmente sfruttato da colture cerealicole, allora sarà necessario effettuare una buona concimazione azotata. In genere però, molte colture ortive (pomodori, melanzene, peperoni, zucchini, ecc…) lasciano un’abbondante fertilità residua dopo l’estirpazione, in quanto non consumano tutto quello che viene somministrato, quindi si può anche pensare di non effettuare una concimazione di fondo e di intervenire solo con delle fertilizzazioni a base di fosforo e potassio o anche microelementi in copertura, cioè con la coltura in atto. In genere si consiglia di sistemare il terreno a prose rialzate 15-20 cm rispetto al livello del terreno, per favorire lo sgrondo dell’acqua in eccesso.
Semina/Trapianto – in genere i fagiolini vengono seminati, ma sempre più spesso si ricorre all’utilizzo di piante con pane di terra, che garantiscono un pronto attecchimento, veloce sviluppo della pianta con anticipo di raccolta, ma soprattutto evitano di fare il recupero delle fallanze (semi che non hanno germinato e quindi non hanno dato origine a piante), che costa tempo e comporta una mancata omogeneità dell’impianto. Le distanze di trapianto variano dai 30 ai 50 cm sulla fila e dai 50 agli 80 cm tra le file.
Gestione della pianta – Le varietà ad accrescimento determinato non hanno bisogno di tutori e crescono in genere basse, a cespuglio, senza bisogno di particolati cure se il nomale controllo delle infestanti. Le varietà rampicanti invece necessitano di tutori e rete di supporto, sulla quale si aggrappano grazie alla presenza di cirri (organi di sostegno).
Irrigazione – L’irrigazione ha un’estrema importanza ai fini del risultato produttivo, in particolare nella fase dell’allegagione. I volumi ottimali di adacquamento e i turni irrigui variano in funzione delle caratteristiche del terreno (tessitura, struttura, contenuto in sostanza organica), della fase fenologica e dell’andamento climatico. In presemina e all’emergenza possono essere richieste eventuali irrigazioni di soccorso con volumi di circa 15 millimetri.
Raccolta – il momento ideale per la raccolta dipende dalla varietà, dai mercati e dalle esigenze dell’ortolano. Tra le caratteristiche utili all’identificazione del momento ottimale della raccolta ricordiamo le dimensioni dei semi, la distanza tra i semi nei baccelli, la formazione del filo.
La presenza di vegetazione spontanea fornisce alimentazione e rifugio ai numerosi organismi utili (predatori e parassitoidi) che rappresentano un importante fattore di contenimento delle popolazioni dei fitofagi, primi fra tutti gli afidi. Per limitare inoltre la diffusione di malattie si suggerisce anche di adottare delle valide rotazioni colturali, alternando diverse colture, e di scegliere delle varietà di fagiolino più rustiche e resistenti. Se le pratiche preventive non sono sufficienti, è necessario fare ricorso a misure di lotta diretta; tra i principi attivi maggiormente diffusi ricordiamo: rame, zolfo, piretro e Bacillus thuringiensis. Nella scelta dei prodotti sono senz’altro da privilegiare quelli più selettivi nei confronti dell’entomofauna utile (ad esempio Bacillus thuringiensis), o a minore persistenza d’azione (ad esempio piretro), effettuando, se possibile, trattamenti localizzati che permettono una notevole riduzione dell’impatto ambientale. Sono assolutamente da evitare i trattamenti durante la fioritura per le gravi conseguenze negative nei confronti degli insetti utili (predatori, parassitoidi e impollinatori) presenti sulla coltura in questo periodo.