Pianta rustica e molto produttiva, portamento eretto buona vigoria. Il frutto è di forma allungata, di circa 20-25 cm, di colore nero brillante e calice senza spine. La polpa è soda, bianca con seme, di ottima consistenza e qualità, molto apprezzata. 80 giorni circa dal trapianto alla raccolta.
La melanzana, appartenente alla famiglia delle solanacee, è una delle piante da orto più apprezzate in quanto, in normali condizioni d’allevamento, dona una produzione abbondante e protratta nel tempo (in alcuni casi si possono addirittura raccogliere frutti per ben 3 mesi dalla stessa pianta).
Il terreno ideale per la coltivazione delle piante è di medio impasto, tendente all’argilloso, ma va lavorato in profondità per dare i migliori risultati, ricco di sostanza organica ed anche, perché no, con una ridotta dotazione di scheletro dalla bassa granulometria (sassolini) in quanto favoriscono il deflusso dell’acqua in eccesso, evitando così gli inutili e temibili ristagni idrici. Di peculiare importanza è la capacità delle piante di melanzana di resistere ad elevati livelli di salinità sia nel suolo che nell’acqua.
La temperatura ideale si attesta intorno ai 22-26°C durante il giorno e ai 15-16°C di notte, mentre con livelli termici di 7-8°C durante la notte e di 12-14°C durante il giorno la fase vegetativa della pianta, nonché quella riproduttiva, viene inficiata. Inoltre durante la fioritura, temperature al di sopra dei 34-36°C possono provocare anche la cascola sia dei fiori che dei piccoli “frutticini”. Durante l’allevamento è opportuno dotare le piante di opportuni tutori (canne), a cui vengono legate, sia per favorirne l’accrescimento verticale, sia per permettere alle stesse di reggere il peso dei frutti pendenti.
Caratteristica di tutte le piante di melanzana è quella di emettere “spine” sulle nervature delle foglie di cui lunghezza ed indurimento dipendono dall’invecchiamento delle stesse.
Le melanzane possono essere coltivate anche fuori dal terreno utilizzando dei vasi o dei recipienti grandi e profondi: tali piante sono dotate di un apparato radicale ben sviluppato quindi hanno bisogno di spazio per accrescersi.
Preparazione del terreno – Il terreno deve essere lavorato ad una profondità di almeno 30 cm. Nella coltivazione in vaso, questi devono avere un diametro minimo di 25 cm e l’altezza deve essere relativamente abbondante: Altezza vaso = Diametro x 1,60. Concimare con letame maturo o concime organico pellettato (compost, ecc…): Dosaggio = 4-5 kg/mq. Il concime va incorporato bene nel corso della lavorazione profonda. Successivamente il terreno va affinato, perché troppo zolloso, ed eventualmente irrigato quanto basta prima di effettuare il trapianto. Tra le buone pratiche di gestione della pianta va ricordata la pacciamatura del terreno che consiste nella copertura con teli di polietilene nero o colorato a seconda delle tipologie presenti in commercio, o materiali organici naturali (paglia, corteccia di pino, ecc…). Se si usano teli di plastica, questa operazione va fatta prima del trapianto, utilizzando strisce larghe circa 1 metro, forate oppure no, o teli di copertura totale. Su questi poi vanno creati i fori e le buche nel terreno dove mettere a dimora le piantine.
Ricordiamo i vantaggi della pacciamatura:
- Contenimento delle erbe infestanti;
- Ridotto consumo di acqua per irrigare;
- Maggiore precocità di raccolta (grazie al fatto che il terreno riscalda di più);
- Produzioni più abbondanti;
- Frutti puliti;
- Minore incidenza di malattie;
Il Trapianto – Le melanzane vanno trapiantate a distanza di 60-70 cm sulla fila e 100 cm tra le file, creando nel terreno piccole buche e avendo cura di accostare bene la terra alla radice della pianta, fino al colletto, senza coprire il punto d’innesto, nel caso di piante innestate! La melanzana è una pianta che non necessita obbligatoriamente di sostegni, ma che può essere legata ad uno spago per crescere in posizione eretta e sostenere meglio il peso dei frutti. Tuttavia , se possibile, è consigliabile collocare un tutore accanto ad ogni pianta per evitare rotture delle ramificazioni del fusto. Subito dopo il trapianto irrigare abbondantemente le piante per favorire l’accostamento della terra alla radice e quindi garantire un buon l’attecchimento. In assenza di pacciamatura, si può eseguire dopo qualche giorno la rincalzatura della terra al colletto (non coprire il punto d’innesto nel caso di piante innestate) per favorire l’emissione di altre radici, una maggiore temperatura attorno alle radici stesse, una migliore efficienza dell’impianto di irrigazione a goccia (che viene coperto da un sottile strato di terra, garantendo una bagnatura più omogenea).
Gestione della pianta – Un’operazione fondamentale è la cosiddetta sfemminellatura, che consiste nello staccare i getti che si formano alle ascelle delle foglie (ossia dove le foglie si inseriscono sul fusto), in tal modo viene aumentata la produttività delle piante. La melanzana produce fiori singoli, che danno origine a frutti di dimensioni anche notevoli, a seconda delle varietà (anche superiori a 500 gr). Man mano che la pianta fruttifica, dalla parte bassa verso l’apice, è consigliabile eseguire una defogliazione, per garantire una buona maturazione dei frutti e uno sviluppo ideale della pianta.
Acqua a volontà – La somministrazione dell’acqua pone sempre dei problemi: non vi sono regole rigide, ma è bene tenere a mente alcune norme generali. Quando trapiantate, date molta acqua alle piante; dopo di che, somministrate acqua soltanto saltuariamente, quando nuove radici iniziano a formarsi e si manifesta un nuovo sviluppo. Da questo momento in poi, aumentate la somministrazione d’acqua man mano che le piante crescono. Quando i frutti sono maturi è quasi inutile eccedere con l’acqua, ma quando la temperatura è elevata può essere necessario raddoppiare la somministrazione. Per le piante che si trovano nei cassoni o sotto altre protezioni, togliete i ripari e rimuovete i vetri di protezione quando la pioggia è imminente. Per le piante che si trovano sotto protezioni occorre ricordare che esse trarranno l’acqua di cui necessitano soltanto dai lati, dopo la penetrazione nel terreno dell’acqua d’irrigazione o piovana, quindi potrebbero avere esigenze maggiori di quelle coltivate in pieno campo.
La fruttificazione e la concimazione – Quando le piante sono in fioritura, è possibile facilitare l’allegagione dei frutti scuotendo leggermente verso mezzogiorno le aste di sostegno e le corde per favorire la caduta del polline. La melanzana è una pianta che si avvantaggia di una buona concimazione organica (letame maturo o compost in misura di di 5 kg/mq), da somministrare in fase di preparazione del terreno. Il concime organico va però integrato con del fosforo (40-45 gr/mq di perfosfato minerale) e potassio (25-40 gr/mq di solfato di potassio). Dopo il trapianto si consiglia l’aggiunta di nitrato ammonico (10-15 gr/mq), da somministrare anche in copertura, fino a 3 interventi durante tutto il ciclo colturale, a seconda delle esigenze della pianta e del livello di fertilità del terreno. È opportuno però non eccedere con l’azoto, in quanto un apporto elevato agisce negativamente sia sulla formazione che sulla qualità dei frutti (in serra addirittura l’eccessiva vegetazione derivante da un eccesso d’azoto provoca la cascola dei fiori). Nelle melanzane, più che in altre ortive, il fosforo favorisce la fioritura e l’allegagione mentre il potassio regola la consistenza ed il sapore della polpa rendendola più dolce e riducendone la “piccantezza”.
Marciume del colletto (Phoma lycopersici)
La malattia determina la formazione, sui frutti, di aree depresse di 5-10 mm che, via via, si allargano screpolandosi al centro. Più raramente il patogeno si insedia, con sintomatologia analoga, a livello del colletto. Le infezioni sono favorite da temperature intorno ai 25-30 °C.
Rhyzoctonia (marciume del colletto)
La malattia si manifesta con un marciume secco e bruno a livello del colletto, soprattutto nelle fasi giovanili di crescita. Le piante colpite manifestano una crescita stentata associata ad avvizzimenti fogliari anche gravi e persistenti. Se tirata verso l’alto, la parte aerea delle giovani piantine colpite tende a staccarsi facilmente dall’apparato radicale. In agricoltura convenzionale si consiglia la sterilizzazione del terreno prima di effettuare il trapianto e dei trattamenti specifici con prodotti chimici di sintesi. Per la coltivazione hobbystica invece si preferisce prendere una serie di accorgimenti, per esempio evitare ristagni idrici, soprattutto attorno al colletto, perché determinano sviluppo di marciumi, effettuare frequentemente trattamenti a base di rame, che irrobustiscono il fusto e induriscono i tessuti. Si consiglia l’utilizzo di piante innestate, più forti e resistenti, in grado di superare meglio le patologie del terreno.
Verticillium (Tracheoverticilliosi)
La manifestazione esteriore della patologia è data da ingiallimenti, cui fanno seguito avvizzimenti della parte aerea, specie nelle ore e nelle stagioni più calde. Nei casi più gravi si può andare incontro a morte dell’intera pianta. Un leggero scorticamento della parte basale del fusto evidenzierà tessuti sottocorticali caratteristicamente scuri, conseguentemente all’invasione da parte del fungo.
Alternaria sp. – Septoria sp. (maculature fogliari)
Questi funghi determinano la comparsa, sulle foglie, e talvolta sui frutti, di macchie irregolarmente tondeggianti, (generalmente più piccole quelle da Septoria) dapprima giallastre, clorotiche e poi scure, che col tempo tendono a confluire portando ad ampie zone necrotiche, che appaiono scure. Condizioni di alta umidità ambientale favoriscono lo sviluppo della malattia.
Phytophthora sp. (cancrena pedale)
La malattia colpisce foglie, fusti e frutti. Si manifesta con maculature clorotiche e successiva necrosi dei tessuti. In condizione di alta umidità, sulla pagina inferiore delle foglie si sviluppa la tipica efflorescenza fungina biancastra. La fitopatia si sviluppa a temperature comprese tra 10 e 25°C, in presenza di alte umidità ambientali.
Botritys cinerea (muffa grigia)
Il fungo attacca tutti gli organi epigei della pianta. Su foglie e fusti si manifesta con aree irregolari di marciume chiaro che presto danno luogo (in presenza di alta umidità) allo sviluppo della caratteristica muffa grigia. Anche i fiori possono essere colpiti in maniera analoga. Il danno più grave è quello a carico dei frutti, sui quali, attraverso ferite di varia natura, il fungo determina marcescenza molle degli stessi. Fattori predisponenti sono :alti valori termici ed igrometrici , eccessiva vigoria della pianta, scarsa ventilazione.
Leveillula sp. (mal bianco)
Il fungo sviluppa un micelio biancastro e polverulento sulla superficie delle foglie. Conseguentemente viene ridotta la funzionalità fotosintetica della pianta. La malattia, che può insorgere anche molto rapidamente, si manifesta con condizioni ambientali ventilate, così come accade per altre specie di Oidio.
Insetti
Tuta absoluta
Si tratta di un temibile micro lepidottero ormai diffuso nei principali comprensori di coltivazione del Pomodoro e della melanzana. Le larve scavano delle caratteristiche mine (a prima vista confondibili con quelle del dittero Lyriomiza) nel mesofillo fogliare. Il danno maggiore è arrecato però dalle gallerie che le stesse scavano nei frutti. Attraverso queste ferite, infatti, le bacche vanno incontro all’aggressione da parte di funghi patogeni (Botrytis in primis) con sviluppo di marciumi.
Liriomiza trifolii (minatrice)
Sulle foglie si osserva la presenza di tortuose microgallerie e piccole punture. Queste sono date dall’attività trofica e ovidepositiva di piccoli ditteri. A volte si possono vedere anche gli adulti, in forma di piccoli moschini scuri. All’interno delle mine, con l’aiuto di una lente di ingrandimento, si potranno osservare delle piccolissime larve verdi (vere responsabili del danno arrecato). La lotta deve essere tempestiva, ed attuata preferibilmente nei confronti degli adulti e prima che questi ovidepongano le loro uova. Le larve che ne schiuderanno, infatti, protette nelle mine all’interno dello spessore fogliare, saranno più difficilmente raggiungibili dalla soluzione insetticida.
Tetranycus urticae (ragnetto rosso )
L’azione parassitaria del ragnetto rosso si manifesta con punteggiature e scolorimenti, anche piuttosto diffusi, sulle foglie. Sui frutti si possono produrre rugginosità e decolorazioni. In caso di forti infestazioni si può assistere ad un rallentamento o addirittura ad un blocco della vegetazione. L’elevato numero di generazioni annuali e l’accavallamento dei diversi stadi vitali, rendono la lotta a questo parassita particolarmente problematica. Oltre al ragnetto rosso, talvolta è rinvenibile un altro acaro (Tarsonema). Questo determina eziologie simili al primo ed è da controllare con le stesse modalità.
Esistono numerose altre patologie e fitofagi che frequentemente attaccano queste specie, ma si rimanda a siti più specifici.